Pubblicato il: 19-5-2025
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Il contributo è stato redatto dal gruppo di ricerca dell’Università di Ferrara e dell’Università Cattolica, composto da:
Tra gli edifici pubblici, un ruolo importante viene svolto dalle scuole: considerando tutti i gradi dalla scuola dell’infanzia fino alla scuola secondaria di secondo grado, si tratta di oltre 40.000 plessi, molto diversi fra loro per dimensione e anno di costruzione, ubicati sull’intero territorio nazionale.
Rendere più efficienti le scuole non significa soltanto migliorare il comfort degli ambienti scolastici, ma anche contribuire agli obiettivi di decarbonizzazione previsti dal Green Deal europeo, dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) e dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che, attraverso la Missione 2 – Componente 3 “Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici”, prevede interventi strutturali per la riqualificazione energetica e sismica di circa 2.400 edifici scolastici pubblici, con l’obiettivo di ridurre in modo significativo i consumi energetici e le emissioni climalteranti.
Per misurare e monitorare questi aspetti, abbiamo realizzato una mappatura dettagliata dell’efficienza energetica degli edifici scolastici a livello comunale in tutta Italia. I dati utilizzati provengono dall’anagrafe nazionale dell’edilizia scolastica gestita dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, al momento aggiornata all’anno scolastico 2022-2023. Questa banca dati raccoglie informazioni puntuali sulle scuole statali di ogni ordine e grado, fatta eccezione per gli edifici scolastici delle province autonome di Trento e Bolzano, poiché queste gestiscono autonomamente l’istruzione.
Per ciascun edificio scolastico incluso nel dataset, abbiamo costruito un indice di efficienza energetica. Successivamente, abbiamo aggregato questi punteggi a livello comunale, così da rappresentare in modo sintetico ed efficace le differenze territoriali nell’efficienza energetica del patrimonio scolastico italiano.
L’indice di efficienza energetica assegnato a ciascun edificio è compreso tra 0 e 9. Questo punteggio sintetico è stato costruito considerando una serie di caratteristiche strutturali e impiantistiche rilevanti ai fini del risparmio energetico.
Abbiamo attribuito un punto alla presenza delle seguenti caratteristiche:
Abbiamo poi considerato l’età dell’edificio (o l’anno dell’ultimo intervento significativo):
Sulla base del tipo di impianto di riscaldamento, abbiamo infine attribuito un punteggio pari a:
I punteggi così ottenuti sono stati successivamente aggregati a livello comunale per calcolare un indice di efficienza medio per ciascun comune. Il risultato di questa aggregazione è rappresentato nella mappa seguente, che mostra la distribuzione territoriale dell’efficienza energetica degli edifici scolastici in Italia.
La Figura 1 rappresenta l’indice medio di efficienza energetica degli edifici scolastici a livello comunale. Le tonalità più scure indicano i comuni con un punteggio medio più elevato, segno di una maggiore presenza di interventi favorevoli al risparmio energetico. I territori del Nord Italia – in particolare molte aree di Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e alcune zone del Piemonte – mostrano generalmente livelli di efficienza più alti.
Le aree più chiare, invece, si concentrano nel Mezzogiorno, con punteggi mediamente inferiori in ampie zone di Sicilia, Sardegna, Calabria, Puglia e Campania. Colpisce una certa frammentazione interna anche nelle regioni centrali, dove si alternano territori virtuosi e altri in forte ritardo.
Per rendere il confronto tra territori più significativo, abbiamo costruito un secondo indice, questa volta a livello provinciale. È nostro interesse capire quali possono essere le variabili che più spiegano l’andamento territoriale dell’indice costruito. In particolare è ragionevole pensare che nelle province con temperature medie annuali più basse, i consumi energetici tendano ad essere maggiori a causa della necessità più frequente di utilizzo del riscaldamento degli edifici e, quindi, sia probabile che queste province investano di più per riscaldare i propri edifici in modo efficiente rispetto ai territori dove l’esigenza di riscaldare gli ambienti è inferiore.
A parità di indice di efficienza, il territorio che “spreca” di più (inquinando anche di più) è quello dove fa più freddo. Quindi è quest’ultimo che dovrebbe avere interesse e convenienza a sostenere investimenti per avere impianti più efficienti, a parità di condizioni. Ovviamente, tutto ciò è vero se le risorse disponibili tra i due territori, quello caldo e quello freddo, sono simili. In tal caso ci aspettiamo che quanto più bassa è la temperatura media, tanto più efficiente debba essere il sistema di riscaldamento della provincia.
Tuttavia, per fare investimenti di efficientamento energetico, servono risorse pubbliche e private a volte ingenti. Quindi, nel caso in cui vi siano forti differenze di reddito tra due province con simili temperature, l’aspettativa è che quanto maggiore è il reddito, tanto più efficiente potrebbe risultare il sistema di riscaldamento.
Se osserviamo la distribuzione provinciale dell’indice, notiamo che la sua media al Nord è 2,52, al Centro 2,11 e al Sud 1,66. Quindi quanto più ci si sposta al Sud tanto maggiore è l’inefficienza ambientale nella gestione del riscaldamento degli edifici scolastici. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che al Sud ci si riscalda di meno, e quindi si inquina di meno.
Oppure potrebbe anche essere giustificato dal fatto che al Sud non ci siano risorse sufficienti ad efficientare i sistemi di riscaldamento delle scuole, data la temperatura vigente. La relazione negativa tra indice di efficienza energetica e temperatura emerge chiaramente calcolando l’indice di correlazione che è pari a -0,55 (Figura 2, panel A). La relazione positiva tra indice di efficienza energetica e reddito è data dall’indice di correlazione pari a 0,52 (Figura 2, panel B).
Sia la temperatura che il reddito sembrano quindi essere dei buoni candidati per spiegare la variabilità dell’indice di efficienza energetica. Pertanto, in una fase preliminare da raffinare ulteriormente, stimiamo una regressione lineare ove la variabile dipendente è l’indice di efficienza e le variabili indipendenti sono la temperatura e il reddito pro capite con la seguente equazione:
ove Indice p è l’indice di efficienza nella provincia p, Temperatura p è la temperatura nella provincia p, PIL pro capite p è il prodotto interno lordo pro capite nella provincia p e ε p è il termine di errore. I risultati (Tabella 1) suggeriscono che le due variabili spiegano il 42% della variabilità nello score di efficienza.
Dalla regressione emerge che, a seguito dell’aumento di un grado della temperatura, lo score, che può andare da 0 ad 1, diminuisce di 0,148 punti mentre, a seguito dell’aumento di 1.000 euro del PIL pro capite, lo score di efficienza aumenta di 0,028.
In una eventuale indicazione normativa sul livello di questo indice, che in qualche modo dovrebbe essere garantito sul territorio nazionale per minimizzare l’emissione di CO2, si dovrebbe prescindere da quanto sia determinante il livello del reddito nello spiegare la situazione attuale.
Può essere ragionevole pensare ad un valore standard dell’indice dato dal valore interpolato dell’equazione della (1), ove si sterilizza la variabilità del reddito, ponendo questo pari al reddito medio della nazione.
Ciò permette di avere valori standard dell’indice maggiori al Sud, rispetto all’effettivo indice, e minori al Nord. Tale risultato, a parità di capacità amministrativa di gestione di fondi dedicati, come ad esempio quelli dei bandi europei o di trasferimenti nazionali, che al momento non è possibile controllare con precisione, potrebbe essere indicativo di una particolare evidenza.
Se il Sud avesse un reddito pari alla media del reddito nazionale, avrebbe un fabbisogno di ammodernamento energetico delle infrastrutture pari a 1,97 (dovuto solo alle differenze di temperatura, date le esogene condizioni climatiche), rispetto a quello del Nord pari a 2,27, ma non tanto basso quanto quello attuale del Sud, pari a 1,66, che è molto più distante da quello attuale del Nord, pari a 2,52 (Tabella 2).
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Finanziato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), Missione 4 (Infrastruttura e ricerca), Componente 2 (Dalla Ricerca all’Impresa), Investimento 1.3 (Partnership Estese), Tematica 9 (Sostenibilità economica e finanziaria di sistemi e territori).